Interviste

Intervista a Ruscio Centanni

Ruscio Centanni pubblica più di 300 racconti sui social e mai un libro, dice che ormai la gente sta su internet e non nelle biblioteche. Altri testi li mette in musica, al momento gira col live del suo secondo disco, Ritmi segreti per riti orgiastici.

Ciao Ruscio, benvenuto. Dunque, il tuo rapporto con la scrittura è rocambolesco, da dove sei partito? Cosa ti ha portato alla poesia?

È veramente rocambolesca la parola rocambolesco. Mi piace però non credo si addica al mio scrivere. E forse tu l’hai usata perché ci stiamo abituando a degli scrittori noiosi. Ogni tanto mi imbatto in qualche poetry slam e mentre ascolto la gente che recita con la solita cadenza da cantilena mi parte un nervoso che penso: “O salgo sul palco e ci tiro un pugno o vado ad ordinarmi qualcos’altro da bere”. Insomma è colpa degli scrittori scarsi se sono un alcolista. La mia scrittura nasce dal quotidiano e non è nulla di speciale, sono un povero parrucchiere del cazzo con la terza media. Tipo l’altro ieri stavo andando a tagliare i capelli al signor Michele in ospedale, è un cliente anziano, ci piacciamo a vicenda, e niente quando sono arrivato al piano la sua stanza stava chiusa, i parenti fuori a piangere e io mi son seduto e gli ho dedicato un testo. Chissà se lui ne sarebbe stato felice o si sarebbe sentito sfruttato, spero tutt’e due. La mia poesia parte dal signor Michele e da tante altre persone. Anni fa stavo con una stronza che mi ha mollato dicendomi che non eravamo allo stesso livello perché io non sapevo cosa fossero i buchi neri nello spazio. Quando mi ha lasciato ci son rimasto così male che in ogni pausa pranzo me ne andavo in biblioteca e documentavo il tutto sui social postando foto di me con libri di fisica in mano sperando lei mi rivalutasse. I libri di fisica non mi sono mai piaciuti ma a furia di bazzicare la biblioteca son finito allo scaffale delle poesie, bellini quelli.
I buchi neri ancora non so cosa sono.

Tra le tante cose al momento stai anche portando in giro il tuo secondo album, Ritmi segreti per riti orgiastici: come nasce una tua canzone? In che modo provi a far dialogare verso e performance?

Ieri abbiamo aperto il concerto di Ruggero De i Timidi, ci saranno state 3000 persone, nel camerino c’era il frigorifero pieno di birre, varie bottiglie di superalcolici, persino gli snack, insomma una figata. Assurdo come se fai qualsiasi lavoro ti trattano a calci in culo e se invece riesci a entrare nel circuito giusto della musica tappeto rosso e seghe a due mani. Ecco il motivo per cui mi viene e mi deve assolutamente venir fuori naturale far dialogare versi e performance. Non lo voglio fare il cane solo e triste in biblioteca per tutta la vita, ho passato anni, davvero, anni, ogni giorno lì e a una certa ci andavo proprio perchè non avevo ne amici ne ragazze. Non sapevo cosa farmene del tempo, mettere in musica le mie parole mi ha permesso di fare la conoscenza di chitarristi, batteristi, musicisti di ogni genere. Alcuni hanno suonato e poi sono spariti, altri ora sono i miei migliori amici. La musica unisce più delle poesie, anche se quando devo scrivere preferisco starmene da solo, preparo il testo, lo porto in studio ai musicisti proponendogli già una melodia che ho nella testa e poi si vola. A volte si precipita, eh. Andate a sentirvi il nuovo disco, vi prometto che non ci troverete dentro un remix di Bella Ciao. (Guccini ha da poco fatto uscire un remix di Bella Ciao e la cosa mi fa innervosire).

La tua presenza online è molto forte ed ha la stessa immediatezza di quel che scrivi: come ha preso forma questo tuo comunicarti? Visti i temi che tocchi e i toni con cui li tratti, ti è mai capitato di trovarti a dover fronteggiare una shitstorm o altri esemplari di mostri di comunicazione da social?

Ho cominciato postando per lo più su Instagram delle grandissime porcate che più che poesie erano descrizioni delle mie chiavate. Visto che Instagram è una piattaforma che si basa sulla fotografia oltre al testo mi servivano foto e se nel pezzo io sto parlando di una ragazza che si è presentata al nostro appuntamento con un perizoma arancione per venire incontro al mio amore verso quel gran bel colore, come posso rappresentare meglio quel testo se non con il mio bel faccione accanto al suo culone perizomato di arancione? Avrebbe senso metterci la foto di una cassetta di arance con dietro il sole e le montagne? A proposito di arance, se l’ortofrutta apre 6 giorni su 7 per vendere, come può uno scrittore pensare di riuscire a rendere il suo un vero mestiere se scrive una volta alla settimana? I social network sono la bancarella da cui cerco di ramazzare qualche soldo, quindi certo che cerco di esserci presente, lo faccio per ricordare a tutti che porca puttana ho bisogno di soldi. A volte la gente rompe i coglioni per le cose che scrivo certo, ma se alla gente piace rompere i coglioni io glielo lascio fare, per lo più le piogge di merda arrivano per motivazioni stupide, esempio ricordo che in un centro sociale a Milano stavo facendo un live e mi hanno spento il microfono perchè nel pezzo La signora Teresa ho recitato “ho la minchia così dritta che sembra fare il saluto del Duce”. Non c’è bisogno di spiegare nulla dai, ci siamo capiti. Un tempo per scaricare lo stress si correva al parco, adesso preferiscono sfogarsi sotto i post di Chiara Ferragni.

Ruscio, il tuo nome di battesimo non è questo: come ti sei scelto questo pseudonimo?

Ruscio è abbreviativo del mio cognome, non starò qui a scriverlo per intero perchè è il cognome di mio padre e a mio padre faccio schifo. Centanni è nato in periodi bui in cui facevo dentro e fuori dall’ospedale. Avevo una paura matta di crepare, Centanni sono gli anni che avrei voluto raggiungere.

Un’ultima domanda, molta della tua scrittura ha il retrogusto di confessione ubriaca a fine serata – che, proprio come la poesia, lascia da chiedersi quanto in realtà ci sia di autobiografico e quanto di artefatto. Quanto lavoro c’è nella tua immediatezza? Quanta misura di fittizio c’è in quel che scrivi?

Spesso durante le serate mi allontano dalla gente per registrare audio in cui salvo avvenimenti e pensieri. Me li metto tutti in un gruppo Whatsapp in cui ci son solo io, il gruppo si chiama Mcdonald’s. È intitolato così perchè la maggior parte delle volte la roba che ci scrivo dentro è spazzatura. Poi la mattina riascolto quegli audio e quando riesco a capire quello che dico il gioco è fatto. Non cambio il contenuto ma la forma, e niente bugie perchè è troppo difficile scrivere inventando, io copio pari pari da quello che mi accade. Da piccolo non ho mai avuto un diario, sto recuperando adesso, ogni mio testo è il mio caro diario di stocazzo e poi giuro mi vergognerei come un ladro a scrivere bugie. Chissà perchè si dice “come un ladro”, i ladri non dovrebbero affatto vergognarsi, fare il ladro è un lavoro difficile e rischioso e se tu mio caro lettore sei arrivato alla fine di questa intervista chiamami tranquillamente ladro perchè ti ho rubato del tempo. Chiedo scusa.