Il poeta spagnolo Pablo Llorente Requena, meglio conosciuto come Pablowski, ha vinto il Campionato europeo di Poetry Slam, aggiundicandosi l’accesso ai mondiali di Settembre a Rio de Janeiro. Pablowski, artista multidisciplinare di 36 anni, è anche insegnante d’arte in scuole e istituti catalani e presta particolare attenzione al tema della salute mentale. Abbiamo deciso di fargli qualche domanda per conoscerlo meglio e chiedergli qualche impessione sulla poesia e sul Campionato Europeo di Roma:
Cosa diresti di te per farti conoscere meglio dal pubblico italiano?
Innanzitutto devo ringraziare l’affetto e la vicinanza che ho sentito a Roma con tutto il pubblico e i compagni di avventura. È stato meraviglioso sentire l’amore e il rispetto della gente e degli spettatori. Mi sono sentito molto amato e il trattamento è stato insuperabile.
Direi che mi hanno reso eternamente felice. Che non mi sarei mai aspettato di vincere l’Europeo e che in ogni momento ho sentito la passione di un pubblico che si vede che ama la poesia, e in particolare la poesia che ho interpretato.
Vorrei che sapessero che parlo solo delle persone e della classe sociale che mi ispirano maggiormente, ma che non posso considerarmi coraggioso né tanto meno un combattente. Il mio carattere è molto pessimista e nichilista, proprio influenzato dal lavoro di uno dei miei punti di riferimento, Cesare Pavese, ma grazie a questa esperienza cambierò il mio modo di vedere la vita, e questo grazie a voi, miei compagni italiani.
Scrivo poesie da quando avevo 16 anni e ho sempre parlato di me, con una poesia emotiva o sentimentale, ma negli ultimi 3 anni mi sono immerso in una poesia più sociale e che parla dalla collettività. La ricompensa è stata quella di vedere un pubblico che ha capito le poesie scelte e i riferimenti che ho fatto sul mio Paese, e che dimostra la cultura italiana e la solidarietà tra i popoli/paesi.
Qual è il tuo rapporto con la poesia?
Mi dedico alla poesia organizzando laboratori nei centri di salute mentale con persone affette da neuro-divergenza, e questa vittoria è anche merito loro. Persone con un grande stigma sociale che non hanno il privilegio di salire sul palco e mostrare un meraviglioso mondo interiore.
Inoltre, sono un’insegnante di educazione artistica e disegno artistico, ma la poesia è una parte fondamentale delle mie lezioni. Ho pubblicato 4 libri di poesia, l’ultimo dei quali autopubblicato, con una tiratura di 750 copie e ogni copertina dipinta a mano da me. E attualmente sto preparando un recital con le mie poesie sociali ispirate all’opera del poeta spagnolo Miguel Hernández.
Cosa ti porti a casa da questa esperienza degli Europei di Roma? Hai qualche aneddoto che vorresti condividere?
Mi porto a casa l’amore, il rispetto e la gratitudine del popolo romano. Non li ringrazierò mai abbastanza per tutto quello che mi hanno dato e che mi hanno fatto scoprire su me stesso: qualcosa di fondamentale che non ho mai raggiunto nei miei 36 anni di vita, ossia il rispetto per me stesso.
L’aneddoto più bello è stato essere l’unico a non parlare inglese e sentire come tutti i miei colleghi cercavano di comunicare in spagnolo. Anche per come si sono presi cura di me e mi hanno fatto sentire uno di loro senza parlare inglese. Ho anche ricevuto messaggi da persone in Italia che mi chiedevano una copia del mio libro, anche se non parlano spagnolo, per leggerlo a casa. Questo abbatte le barriere linguistiche ed è una sincera dimostrazione di amore per la poesia a prescindere dalla lingua.
Infine, vorrei sottolineare che la Lega Italiana Poetry Slam mi ha fatto sentire uno di loro. Quando ho detto loro: “Grazie per avermi fatto sentire a casa”, mi hanno risposto. “No, questa è casa tua”. Questo mi ha fatto piangere. Inoltre, persone dell’organizzazione con le lacrime agli occhi mentre le abbracciavo.
È stato un sogno dal quale non voglio svegliarmi. Spero solo di tornare presto, ad esibirmi o come a partecipare come semplice spettatore dello slam per vedere i miei fratelli e le mie sorelle.