Francesca Pels è una delle slammer più attive in Italia, per chi ancora non la conoscesse, questa è la maxi-storia di come la sua vita, cambiata, capovolta, sottosopra sia finita.
Laureanda in Lettere con una tesi in Linguistica sanscrita, si occupa dal 2012 di poesia e poesia di strada: ha collaborato con i Comuni di Milano, Genova e Roma a progetti di street art, ora organizza e partecipa a poetry slam. È autrice della serie Instagram Agri Birds e deejay del collettivo Le Bellezze al Bagno. Nel 2018 si esibisce al MI AMI Festival e mette in scena Poetraits, esperimento social e sociale di poesia, alla Triennale di Milano. Nel 2019 vince il primo poetry slam in tv. Nel 2020 spera che sua madre smetta di darle dell’anticristo.
Questo mese, Nicola Desmini, Squadra Comunicazione LIPS, ne ha approfittato per farle qualche domanda, fresca di partecipazione allo Slammadrid, gara nella capitale spagnola che ha coinvolto poeti da diverse parti del mondo.
Francesca, cominciamo con qualche parola sugli esordi. Raccontaci il tuo primo appuntamento con la poesia.
Il mio primo incontro, in senso attivo, risale al 2013. Si trattava di street poetry con Trasporti Poetici, un’installazione di poesie sui mezzi pubblici, nella mia città, Milano. Prima avevo militato nel MEP (Movimento Emancipazione Poetica), poi per anni ho continuato con le installazioni site specific di poesie.
Nel 2016 ho iniziato con gli slam. Ho partecipato al primo, mi sono divertita, l’ho vinto, ci ho creduto un sacco e non ho più smesso.
Quali sono le tue figure retoriche preferite, quelle che usi più spesso?
Metonimie e allitterazioni
Raccontaci l’episodio curioso della tua avventura in Spagna?
Alla gara è venuta a vedermi una mia compagna del ginnasio, che non vedo dai tempi del liceo. Dopo lo spettacolo è scappata, io non mi era accorta di nulla. Il giorno dopo mi manda una foto della mia esibizione, mi fa i complimenti. Sono stata davvero molto contenta, ma avrei voluto darle un abbraccio e salutarla.
Avevi già dimestichezza con lo spagnolo? Hai dovuto preparare un discorso in lingua per presentare la tua esibizione a Madrid?
Le uniche parole di spagnolo che sapevo erano cerveza, buenas noches, Franco e despacito. Ho disturbato un numero vergognoso di persone per preparare traduzioni e introduzioni delle poesie: Giulia, Paolo, Cal, Ilaria, Federico, Fabrizio, Reverso e Google. Poi me le sono imparate a memoria. Ora conosco anche MediaMarkt e perrito caliente.
Avrai avuto modo di scoprire meglio la scena spagnola, e non solo. C’è qualche slammer straniero che ti ha particolarmente impressionata?
Date le mie diffuse conoscenze di lingua spagnola, è piuttosto difficile giudicare i testi che ho sentito recitare allo slam, alla fine tradotti solo in lingua iberica. Consiglierei un poeta l’inglese Robin Lamboll, lo stesso che mi ha rubato la corona per un soffio. Se Ryanair ci assiste, lo ospiteremo a Milano, la prossima primavera, per una data del Reginette Poetry Slam.
Grazie mille Francesca, e chissà che in futuro non si possa realizzare un’intervista anche a Robin… Concludiamo in bellezza, con il testo della poesia che hai portato in finale: “Error 404”
Error 404
Io ho cercato
di spiegarti
chi è Google
e perché non fosse
il caso
di contattare tutti
i tuoi omonimi
che ci avevi trovato.
Ti ho provato a spiegare
che per guardare i film
non c’è bisogno
di comprarli,
che per leggere
il mio blog
potevi anche risparmiarli
l’Amazzonia e cinque toner.
Ho provato a dirti cos’è
una fashion blogger,
ho risposto a
– Ma davvero?
– Ma chi le paga?
– Le foto, chi gliele fa?
Ma non ho più trovato
parole
di fronte a
– Perché?
Ho tentato
di farti esegesi
dei volantini di MediaMarkt
e alla fine ti sei persuaso
che non era il caso
di investire
in una stampante 3D.
Ti ho svelato
il Cloud
in un giorno soleggiato,
gli ebook
con iBooks
dal mio MacBook,
poi Facebook
di Google Plus le cerchie
su Snapchat le gabbie
le voliere di Twitter
(non Tinder)
su Instagram le cucce
ma anche qui
ho rinunciato
quando hai domandato
– Ma
perché?
Tu invece, non hai mai mancato
perché
ai miei perché.
A te sono debitrice
dell’alfabeto, le tabelline,
l’uso della calcolatrice,
lavarmi spesso
le mani,
i nomi delle dita
dei piedi
che nessuno sa mai;
tutta la Storia
che mi ricordo
ma che non ho vissuto
e le storie
che tu hai vissuto
ma che non mi scordo.
Le frasi che mi hai detto
in dialetto,
saper disegnare,
spinare
i carciofi
e il pesce
odiare
i bugiardi,
leggere
Leopardi
e ancora ora
a me continui
a insegnare:
non sappiamo dare
valore
all’inestimabile,
finché non diventa
irrealizzabile.
L’hard disk
con tutti i backup
vorrei spaccare
per poter stare
insieme
in un nuovo
ricordo,
spegnerei
tutti i modem
baratterei ora
ogni tutorial in rete
per guardare con te
ancora
i treni,
abbatterei i satelliti
per dirti
che se io adesso resto
in debito per il resto
della vita, tu però mi hai lasciata
con i perché da sola
e derubata
di una parola
che non posso più pronunciare
ma continuo
a chi.amare
come ora
ancora
per ricordarti,
con queste mani piene
d’igiene, a lutto
e tutto
quello che viene,
dal Pleistocene all’Olocene,
nelle nostre vene,
che questa poesia
non contiene,
che nonno
senza altre cantilene
ti voglio bene.