Interviste

Intervista a Elena Di Santo

Elena Di Santo, classe 2009, è tra le voci più giovani del circuito slam nazionale. Dice di lei che scrive per dare un motivo a sua nonna di vantarsi con le sue amiche, nella vita frequenta il liceo di scienze umane, lo ha scelto per “cercare di capire me e le altre persone, i risultati però sono scarsi”.

Benvenuta Elena, e grazie. Dunque, tu sei arrivata molto presto alla poesia e al poetry slam. Come hai incrociato l’una e l’altro, e cosa ti ha spinto a proseguire in questa direzione?

Mi piace tanto dire che la passione per la scrittura mi abbia in parte riportata in vita. Ho avuto il primo approccio con la poesia a novembre 2022: avevo appena iniziato la terza media e ricordo che il principale stato d’animo che mi accompagnava in quel periodo era la noia. Noia, noia, noia. Sempre, ovunque. Passavo le giornate sdraiata sul banco, riflettendo che forse esisto senza vivere, frase che cito da un vecchio quadernetto sul quale scarabocchiavo ai tempi. Da un giorno all’altro avevano assegnato la mia classe a un professore giovanissimo: Michele Cesario, a cui mando un grandissimo abbraccio. Mi aveva detto che scriveva poesie, e io l’ho trovata una cosa super interessante. Forse è stata proprio quella stessa noia a spingermi a provare a scrivere. Ricordo di aver pensato “se non trovo una luce neanche così allora mi passerà anche la voglia di provare a cercarla, da qualsiasi parte”. Fortunatamente ho incontrato nello scrivere e specialmente nella poesia un rifugio. Riuscivo ad esprimere in versi ciò che non riuscivo a spiegare a parole, e mi sentivo alleggerita. Quello stesso professore, leggendo un mio testo, mi consigliò di portarlo a delle “gare”. Solo verso marzo del 2023 ho scoperto il format del poetry slam, e quella stessa sera ce ne sarebbe stato uno a Torino, la mia città. Ero indietro con lo studio, la cosa mi metteva ansia al punto da avermi fatto passare la voglia di uscire di casa già giorni prima, tuttavia penso che lasciare la comfort zone della mia cameretta sia stata una delle scelte migliori che io abbia mai fatto. Ho visto in gara Filippo Capobianco quella sera, che mi ha immediatamente ispirata. Ad un altro slam in seguito ho conosciuto Sam Kabauter, avevo visto che lei e Andrea Fabiani avrebbero organizzato di lì a poco uno slam a Pavia e ho pensato di mandare la mia candidatura. Non lo avevo fatto prendendomi sul serio e non mi aspettavo di venir selezionata, invece è successo. Era luglio 2023, avevo 13 anni e quella è stata la prima di una lunga lista di volte in cui mi sono ritrovata a fare qualcosa di più grande di me. Mi sono trovata benissimo con chiunque. Di quel sentimento e di quella sensazione di accoglienza e familiarità mi sono innamorata, e penso che siano stati proprio questi ultimi più di tutto a spingermi a continuare. Da quel momento in poi Sam è diventata il mio punto di riferimento nel mondo degli slam e ad oggi la mia vita è diventata un qualcosa che amo alla follia e che ogni giorno mi sorprende sempre di più♡.

Che reazione hanno avuto le persone attorno a te nell’apprendere della tua passione poetica? Nel presentarti a persone sconosciute, quale importanza dai al fatto di essere poeta?

All’inizio è stata un po’ dura, non lo nego. Quando ancora frequentavo le medie avevo parlato ai miei compagni di classe di questa mia passione e loro l’hanno trovata una cosa un po’ strana, forse. Non saprei dire. Avevano iniziato a fare battutine, a leggere i miei quadernetti senza che io lo volessi, a rubarmi i fogli. Sono dispetti da ragazzini. Adesso, passato qualche tempo, riesco a guardare a quei gesti con un certo distacco, ma ai tempi mi faceva un po’ male ecco, o perlomeno mi dava fastidio. Diciamo che ho sempre trovato un peso questo bisogno che c’è durante l’adolescenza di omologarsi. Lo trovavo difficile, io non ci riuscivo e non ci sono riuscita mai. Con il passare degli anni ho però compreso a pieno la frase “tanto non si potrà mai piacere davvero a tutti”, l’ho fatta mia e ho anche smesso di provarci. È una consapevolezza che è riuscita a tirarmi un po’ su, e anche a farmi avere più stima di me stessa. Riguardo al presentarmi a persone sconosciute, in generale, per gli episodi raccontati in precedenza, tendo ad essere un po’ riservata sulla mia persona. Il punto non è il come mi presento, è proprio il presentarmi che mi viene difficile. L’anno scorso ho iniziato il liceo, ho dovuto rapportarmi ad altre 26 persone a me sconosciute e ho fatto molta fatica a trovare il mio posto all’inizio. Tuttora, dopo che è passato un anno, nella mia classe sanno in pochi quello che faccio e la mia amica Nicoletta mi dice sempre che dovrei parlare con gli altri un poco di più. Sono tuttavia dell’idea che la frase “non si può piacere a tutti” sia anche accompagnata dal “però ci sarà sempre qualcuno a cui piaci”, e io avevo e ho tuttora al mio fianco anche persone che mi hanno sempre supportata e che hanno fin da subito trovato questa cosa che facevo una figata. La prima persona a cui ho davvero parlato di slam è stata la mia amica Giorgia, ancora prima di parlarne con i miei stessi genitori, che si è subito dimostrata emozionata e interessata. Penso che una delle cose più importanti nella vita sia trovare qualcuno che sia più felice di te per i tuoi traguardi. I miei veri amici lo sono sempre stati. Ho imparato anche che se in un determinato ambiente quel qualcuno a cui piaccio non c’è, allora mi basterà piacere a me stessa. Se io mi piaccio come persona, allora è giusto quel che sto facendo. Perciò ad oggi cerco sempre di mostrarmi per quello che sono, perché ciò che sono a me piace molto, e l’elemento più importante penso sia, in fondo, sempre questo :).

Nelle serate poetiche a cui partecipi, tendenzialmente, sei la più giovane del gruppo. Come approcci la cosa, e com’è accolta da chi è attorno – slammers ed MCs, ma anche dal pubblico?

Non ho mai avuto problemi ad approcciarmi a persone più grandi di me e ad essere in qualche modo la più giovane tra tutti. Io ho una visione più che positiva della cosa e ammetto anche di divertirmi quando comunico agli altri del gruppo la mia età, poiché molti non lo notano inizialmente. All’inizio sono però rimasta sorpresa nel vedere le reazioni delle persone intorno a me riguardo a ciò: avevo un po’ paura che questo fattore dell’età avrebbe potuto farmi guardare non con buon occhio, ecco, ma è stato tutto il contrario. Da quel che ricordo, al primo slam a cui ho partecipato era stato Tommaso Virga (che saluto e abbraccio) a sbloccarmi da quella paura e timidezza iniziale. Lui e gli altri avevano accolto benissimo la cosa, con curiosità e interesse. È andata così anche per tutte le serate a seguire (nelle quali ero decisamente più sciolta, ahaha), e posso dire di non aver mai trovato nessuno con cui non andassi d’accordo o che prendesse male il fattore dell’età. Una cosa stupenda degli slam è che non importa quanti anni hai, da dove vieni, come sei fisicamente, importa che sei una persona e che vuoi dire qualcosa. L’accoglienza che ho trovato in questo mondo fatico a trovarla altrove. Per quanto riguarda il pubblico, inizialmente evitavo di nominare la mia età poiché temevo che questo avrebbe potuto influenzare il loro giudizio riguardo le mie poesie. Credevo che al momento del voto avrebbero pensato “dai però, comunque carina la poesia considerato che è una ragazzina”, ma in seguito ho iniziato a rivelarlo per due motivi: avevo notato che anche quando il pubblico non sapeva la mia età ricevevo più o meno gli stessi voti di quando ne era a conoscenza, e di recente ho scritto una poesia che tratta proprio la tematica di come io vivo la mia età e per mantenere un filo logico in quello che dico mi viene comodo nell’introduzione specificare quanti anni ho. Il pubblico ha sempre reagito bene, comunque. Spesso mi è capitato che alcune persone venissero a parlarmi a fine serata per dirmi tipo “menomale che voi giovani siete così” e ogni volta mi si è ingigantito il cuore. A volte quando dico la mia età il pubblico applaude anche, io non so mai come reagire ma mi fa ridacchiare un po’.

In relazione alla domanda precedente, in che misura ti scindi o ti prendi carico dal rappresentare nei tuoi testi e nella loro performance una generazione che non ha ancora espresso con molti esempi la sua voce poetica?

Cerco sempre di prendermene carico perchè penso che spesso la voce della mia generazione non venga ascoltata abbastanza in vari aspetti. Inoltre sono dell’idea che siamo così tanto stimolati da così tante tematiche attuali al punto di voler agire riguardo a tutto. Vorremmo dire la nostra, giustamente, su ogni cosa. È sfiancante però questo continuo spingere per far sì che la propria opinione venga considerata. Ammetto che ci si demoralizza un po’ quando dopo aver creato un intero discorso in cui si espone il proprio punto di vista su una questione lo si vede smontarsi davanti agli occhi solo perchè “vabbè ma sei ragazzinə te, hai vissuto poco e certe cose non puoi capirle”. Si crea così il rischio che alcuni tendano a non interessarsi totalmente a tematiche attuali, poichè sono stati convinti che queste non li tocchino direttamente. Oppure capita che questo principio ci porti a chiuderci e a tenerci tutto dentro. Perciò poi quando ci viene chiesto di esporci abbiamo così tanto materiale accumulato, confuso e represso nella nostra testa che appena lo si sfiora esplode come una bomba facendo uscire tutto in maniera confusa. Io ho trovato grazie allo scrivere testi il mio modo di fare ordine e trovo che tramite essi io riesca a esprimere ciò che voglio dire molto meglio di quanto lo faccia spiegandomi in un discorso. È un mezzo che potrebbe essere molto utile a tutti. Perciò io ad oggi faccio sentire la mia voce e provo nel mentre a parlare anche per chi, appunto, ancora non ha trovato il suo modo di farlo.

Vista la percezione abbastanza svalutante che mediamente ne hanno, quali pensi possano essere delle modalità per lasciare che l’opportunità della poesia (sia del crearla che del fruirne) sia a portata di più persone della tua generazione? Hai provato in prima persona a fare appassionare qualcuno di ciò che fai?

La scuola. Assolutamente. Penso ci siano già parecchie persone che fanno la loro parte per diffondere la poesia sui social, su Tik Tok specialmente, e la scuola è una delle pochissime altre cose che accomuna davvero tutti gli adolescenti. La poesia già si studia, è vero, ma ritengo che spesso si dia questa immagine della poesia come un qualcosa di lontano, di complicato, di difficile da capire, da scomporre e da analizzare. Ho paura che così si rischi di perdere quella magia che si trova nei testi e che questi possano apparire come uno dei tanti compiti noiosi che si fanno per non ricevere l’ennesimo 2. Bisognerebbe invece diffondere l’idea che la poesia è ovunque e ha qualsiasi forma. La poesia si può trovare anche in un testo rap, in una sensazione che si prova, in un sentimento che ci portiamo dentro e che non decifriamo, la poesia ci circonda costantemente, tutti, e talvolta riusciamo a captarla e a descriverla. Tuttavia devo ammettere che io questa definizione non l’ho imparata da una lezione in classe, perciò non biasimo i miei coetanei se sulla base dell’insegnamento scolastico considerano la poesia un qualcosa di noioso e chiuso. Il metodo con cui la scuola fa approcciare gli alunni ad essa è in sintesi ciò che secondo me dovrebbe cambiare. Il format del poetry slam sarebbe un ottimo spunto. Come ho già detto più volte è un ambiente molto molto vario, che include tantissimissime forme, generi, stili: potrebbe quindi coinvolgere anche tipi di scrittura differenti da quelli mostrati sui banchi di scuola. Propongono già diversi corsi, mi pare, che hanno poi conclusione con un poetry slam, in alcune scuole. Io però non ne so praticamente niente e vorrei documentarmi di più per provare a portarli nella mia. Sono comunque molto soddisfatta di aver fatto appassionare a ciò che faccio sia persone che già scrivevano in precedenza, sia persone che no. I miei amici più stretti, in particolare, sono spesso venuti ad assistere a qualche slam quando ho partecipato a Torino, e penso che al di là del vedere me sul palco durante le serate si divertissero. È capitato che una volta dessero un voto più alto ad Andrea Mitri, poeta che mi piace molto e che stimo particolarmente, che a me. La cosa mi ha fatto piacere, poichè era indice del fatto che loro votavano scindendosi dal rapporto personale che avevano con me. Succede ancora oggi che a volte, parlando, unə di loro mi dica: “ma certo che quella sera Poeta X era stato bravissimo, comunque”. La maggior parte dei miei amici non scrive, eppure sono davvero davvero contenta che loro si siano appassionati a questo mondo. Perciò sono dell’idea che il poetry slam possa far nascere la passione in molti miei coetanei, se questi riuscissero ad entrare in contatto con esso. Io nel mio voglio provare a smuovere qualcosa, poi chissà…

Nell’immaginare il tuo futuro, quanto spazio prende nei tuoi piani la pratica poetica? La immagini più come una delle cose centrali o di contorno, nella tua vita?

Non nascondo che rispondere a questa domanda mi fa ridere un po’. Penso non sia un segreto ormai che io covi dentro di me una grande paura per il mio futuro. Non saprei neanche bene spiegarne le caratteristiche, i motivi, sento solo che non ho la più pallida idea, ora come ora, di cosa vorrò fare appena finirò la scuola. So quanto possa essere normale e comune alla mia età, ma il solo pensiero di non avere tutto pianificato e sotto controllo mi mette agitazione. Anzi, qui posso anche dirlo, in verità io l’idea ce l’ho. Vorrei proprio che la pratica poetica sia non solo parte centrale del mio futuro, ma anche le vere e proprie basi di esso. Non so bene sotto quale forma, ma sento che tra tutte le cose che faccio la poesia è l’unica che potrebbe piacermi davvero a lungo termine, senza annoiarmi. Però, ecco, logicamente va anche considerata la realtà dei fatti, ovvero che trovare il modo di vivere con la poesia forse può essere un po’ difficile. Per questo motivo tendo a non sfiorare praticamente mai l’argomento, e tantomeno provo ad affrontarlo. Talvolta neanche lo dico alle persone dove davvero vorrei vedermi negli anni a venire, perchè spesso mi viene risposto di pensare a un qualcosa di più concreto, qualcosa che non sia il semplice sogno adolescenziale. Così torno a vedere una realtà della quale volutamente ignoro l’esistenza e nasce in me una certa ansia. Università, lavoro, futuro, sono tutte cose che un pochino mi angosciano. Sono consapevole che a un determinato punto della mia vita dovrò tornare su quel discorso, ma è per ora un qualcosa che vedo solo lontanamente. È nascosto in un angolo della mia mente e per il momento lo lascio lì. Quando qualcuno mi chiede cosa voglio essere da grande mi piace rispondere “felice”. Sono felice adesso (adesso inteso come negli ultimi anni, ma anche come il vero e proprio adesso mentre sto rispondendo). Vivo bene e vorrei che questo stato d’animo rimanesse in me anche più avanti nel tempo. Ad oggi la pratica poetica è senz’altro un elemento fondamentale per far sì che questo accada. Per citare una mia poesia, direi che per ora mi preoccupo di “Passare 4 anni a recitare/Sperando che un giorno riuscirà a portarmi il pane”. Poi vedrò. Al poi ci penso poi. 🙂